Posso assolutamente dire che dopo l’arte, il cibo sia una delle mie grandi passioni. In effetti a volte appaga i nostri sensi tanto quanto un’opera d’arte.
Che arte e cibo poi, si siano unite felicemente nelle varie espressioni nei secoli, è assodato quanto il fatto che l’una sia stata fonte d’ispirazione per l’altra molto più frequentemente di quanto si pensi.
Io stesso, ho spesso trasferito nel mio lavoro l’effetto dato dal colore di una spezia o di un frutto maturo. Più in generale si tende a pensare al rapporto tra mondo dell’arte e cibo, sempre in maniera goduriosa e positiva. Per questo la scoperta di questo museo a Los Angeles mi ha colpito. Perché in questo caso accade esattamente il contrario. Un museo dedicato al cibo come forma d’arte disgustosa?! Irresistibile oggetto di riflessione.
Proprio questo è il presupposto dell’esposizione: una riflessione generale sulla funzione evolutiva del disgusto che, partendo dallo sviluppo di un istinto al fine di evitarci rischi e allontanarci dal cibo non sicuro, cerca di farci uscire dalla sfera della sensibilità personale per portarci ad accettare consapevolmente il fatto che in effetti culturalmente ciò che è considerata una leccornia in un tipo di cucina, può essere rivoltante per un’altra. In questo senso e arditamente il Disgusting Food Museum invita i visitatori ad esplorare il mondo del cibo e a superare i preconcetti. La mostra, già ospitata a Malmo in Svezia, contiene 80 dei cibi più disgustosi del mondo a disposizione dei più curiosi e pare in alcuni casi anche più coraggiosi che apprezzeranno l’opportunità di annusare e gustare alcuni di questi cibi famosi.
Dal formaggio più piccante del mondo, ai dolci fatti con prodotti chimici per la pulizia dei metalli. Dall’aringa fermentata svedese, allo squalo putrefatto islandese. Chi riuscirà a sopportare l’odore di cadavere del Durian thailandese, il formaggio con larve di mosca sardo e il vino di topo cinese?
Sarà dura ma il progresso nell’interazione tra culture passa anche attraverso queste piccole sfide.