Questa settimana vi segnalo in Triennale a Milano, un festival pensato per mettere in dialogo le performing arts con l’architettura, il design, l’arte.
Perché mi piace così tanto? Beh, per lo spazio dedicato all’interazione tra l’espressione artistica e l’immaginario dei piccoli visitatori.
Quanto c’è dell’Io bambino nell’arte? Tanto!
La sensazione che ho sempre quando metto mano a un’opera è quella di tornare ogni volta un po’ bambino. Sarà l’appello agli istinti creativi spontanei, sarà quel liberarsi dei costrutti e viaggiare con la fantasia anche sui concetti più importanti della nostra vita, ma quando creo sento davvero di essere più vicino al mio io infantile che quello adulto.
Comunque la si pensi è fondamentale che l’amore per l’arte nasca da piccoli, per coltivare e mantenere da adulti, la stessa voglia di creare che ci ha accompagnato negli anni in cui ogni nostro disegno o scarabocchio aveva la dignità di un’opera da museo.
Giocare con l’arte e farla uscire dal mondo degli “esperti” è il primo passo verso l’accessibilità e la gioia di farla entrare nella propria vita senza filtri o preconcetti.
Così i ragazzi crescendo imparano che esistono tante forme di vivere e di partecipare al linguaggio dell’arte che non deve essere limitato solo a chi sa bene dipingere o disegnare, ma allargato a chi sa “vedere” e cogliere un’espressione d’arte.
Per questo cito lo spettacolo dedicato ai bambini andato in Triennale in prima assoluta , “Aliossi”, che fa parte di un progetto di sperimentazione sonora, ideato per farli interagire liberamente con le forze del suono e giocare con gli stimoli e le reazioni intuitive. I bambini esplorano il suono in relazione al corpo, agli strumenti, oggetti e installazioni. Perché l’arte visiva è anche tatto, rumori e suoni.
Particolarmente interessante la “Crazy Bugs Experience” che è una sezione del progetto che produce effetti inaspettatamente teatrali e sorprendenti.